La Cameretta

Caro undicenne, ti racconto le Notti Magiche di Italia 90

Pubblicato il 14 Giugno 2018 in La Cameretta

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Quest’anno mondiali senza azzurri, niente Russia per noi. È un pensiero sempre amaro anche a distanza di sette mesi dall’esclusione definitiva. Quel 13 novembre ho pensato a te e ai tuoi coetanei che quest’estate non avreste vissuto l’esperienza del vostro “primo” mondiale. Quell’emozione unica, intensa, travolgente. Niente bandiere da sventolare, niente tricolore disegnato sulla faccia, niente maglietta azzurra, niente tifo, almeno quello profondo e viscerale. E niente condivisione. Sì, perché la vera bellezza sta nel seguire le partite di calcio condividendo con gli amici l’attesa, l’ansia, l’eccitazione, il tifo. I colori diventano gli stessi dopo un anno di campionato passato da rivali. Ecco, non vivrete la vera bellezza del Mondiale. E tra quattro anni sarà diverso, sarà un’altra storia, avrete un’altra età.

Io ricordo i miei primi mondiali con grande amore. Italia Novanta è incancellabile dalla memoria. L’aver giocato in casa aveva reso tutto speciale e io neanche me ne rendevo bene conto. Avevo 11 anni proprio come te oggi, e avevo cominciato già durante la primavera la mia personale raccolta di poster, foto e ritagli di giornale che riguardavano tutti i giocatori della Nazionale. Sapevo in che ruolo giocavano, da quale squadra venivano, l’età e il colore degli occhi. Grazie ai numeri della rivista “Gente” che mia nonna comprava ogni settimana conoscevo bene anche la vita privata dei calciatori. Avevo una particolare attenzione per Giuseppe Giannini: d’altronde io ero una undicenne e lui un Principe (giallorosso). Avevo imparato a memoria l’inno di Gianna Nannini ed Edoardo Bennato. Ero pronta.

Molte partite le ho viste in colonia a San Menaio, sul Gargano. Era una struttura molto grande che accoglieva bambini dai 9 ai 13 anni per turni di venti giorni e, in occasione dei mondiali, avevano allestito una sala con il maxischermo per farci seguire per bene le partite dell’Italia. Si riempì presto di urla, cori, abbracci e di un’esultanza speciale per quei due, Baggio e Schillaci. Era una gioia strabordante. Si giocava, si faceva goal, si gridava forte e si vinceva. Era la normalità.

Poi arrivò Italia-Argentina al San Paolo di Napoli, era la semi-finale. Finì male. Fu una sconfitta inaccettabile e dolorosa. Quella sera quanto bruciavano quelle lacrime, eravamo diventati una colonia di bambini inconsolabili. Una tristezza e una delusione violenti che non sapevamo neanche definire.

Ci avevano rubato un sogno.
Andai a dormire con una convinzione: in finale avrei tifato Germania.

Mi dispiace che abbiano tolto un sogno anche a te, probabilmente anche più grande. E so che i miei racconti non saranno consolatori. Senza contare che parlarti oggi dei “ricordi” di Italia Novanta è un po’ riduttivo, c’è talmente tanta emozione dentro che soltanto i brividi di “Notti Magiche” ne danno un po’ l’idea.

“Arriva un brivido e ti trascina via e sciogli in un abbraccio la follia”